5 Gennaio 2013 – Via G. Fava
Adriana Laudani
Ogni anno il 5 gennaio, nel ricordo di Pippo Fava, ci ritroviamo insieme per rinnovare un impegno, per capire ciò che accade intorno a noi, per allungare la linea di un percorso di conoscenza e di azione. I fatti che hanno segnato l’anno che ci lasciamo alle spalle indicano una crisi di sistema di proporzioni inedite: per le nuove povertà generate, per i diritti negati, per la separazione drammaticamente consumata tra esercizio del potere e principio di legalità.
Un ventennio di “berlusconismo” ha lasciato sul campo la sciagurata idea che le leggi valgono solo per coloro che non hanno potere da spendere sul terreno economico, politico, sociale ed istituzionale. Così si spiega la tracotanza con cui si sono dissipate immense risorse pubbliche per soddisfare piaceri e interessi privati, o l’esibizione di vizi e menzogne.
Aprire una fase nuova sarà possibile solo se sapremo pretendere ed imporre che potere e legalità siano sempre tra loro connessi, attraverso i fili della trasparenza e della responsabilità. Una responsabilità che chiama in causa ugualmente noi cittadini e coloro che svolgono funzioni pubbliche nell’interesse generale: donne, uomini, istituzioni. Sotto questo profilo sono gravi ed inaccettabili i segreti opposti all’accertamento della verità attorno alla “trattativa Stato-mafia “, così come l’impunità ancora garantita ai mandanti dei “delitti eccellenti” che hanno insanguinato la Sicilia dalla fine degli anni ’70 sino alle stragi del ’92. Pio La Torre, in Parlamento dopo l’uccisione del Presidente Mattarella, parlò di un atto di terrorismo politico-mafioso, rendendo chiaro l’intreccio dei molteplici interessi che ne avevano determinato la decisione. Lo stesso micidiale intreccio che ritroveremo all’origine di tutti i “delitti eccellenti”. Il delitto Fava rientra a pieno titolo tra questi.
Il premio Fava, quest’anno è stato assegnato ad Attilio Bolzoni. Un giornalista che non ha mai smesso di indagare, capire, svelare ciò che la mafia è stata, come si va trasformando, quali legami stringe con la politica, con l’amministrazione e con pezzi degli apparati dello Stato.
Anche noi non ci rassegniamo a vivere in un Paese, in una Regione e in una Città che sceglie il segreto in luogo della verità. Dietro la volontà di mantenere il segreto su vicende e collusioni che hanno segnato profondamente i processi politici nazionali e regionali vi è la decisione grave e colpevole di negare a tutti noi il diritto al sapere, alla conoscenza, all’informazione: un attacco mortale a qualunque sistema democratico, fondato sul principio di legalità. Anche questo ci ha insegnato Pippo Fava con l’esempio della sua vita e della sua morte.