Durante l’ultimo anno mi è capitato di avere dei dubbi, di voler precisare o progettare qualcosa su Giuseppe Fava e di avere istintivamente detto a me stessa, telefono ad Elena.
Il suo numero di telefono è nella mia rubrica così come il suo indirizzo di posta elettronica. Uno stratagemma per diluire il dolore dell’assenza, per interrompere, piano piano,le abitudini e le consuetudini di lunghe chiacchierate durante le quali io, che di Giuseppe Fava conoscevo solo l’opera, imparavo a conoscere l’uomo, quasi mai il padre, con i suoi sogni e le sue aspettative.
E ripensando ai suoi giudizi, alle sue preferenze letterarie, non sempre condivise, ai progetti mai realizzati e che, durante la malattia, la aiutavano a vincere la paura ingannando se stessa con la necessità di vivere perché avevamo ancora tanto da fare, ho trovato molte risposte e un aiuto a scegliere le strade su cui avviare la Fondazione.
Così quando ho bisogno di telefonare ad Elena mi siedo e aspetto che la sua assenza diventi presenza.
Mi auguro che accada anche ai molti che tanto hanno ricevuto da Lei.
Maria Teresa Ciancio