L’UOMO DEL NORD
mai rappresentato
Il protagonista, vedovo, senza figli, proprietario di rendite e case, crede di essere tragicamente ammalato: è sempre stanco, si annoia di tutto perché tutto gli appare stupido, inutile, faticoso, triste. Non riesce più nemmeno a ridere, non ha più nemmeno desideri d’amore. E per lui, che ha sempre avuto la voracità erotica del maschio latino, quest’ultimo è il sintomo più terribile. in realtà ha solo il cuore un po’ sballato, troppo lento, e infatti basta una piccola operazione in una clinica del nord Europa, un pacemaker, perché il cuore riprenda il suo ritmo giovanile, gli torni il piacere del ridere, perché i suoi desideri d’amore e di via divampino.
Deve solo essere prudente, non consumare tutta in una volta questa energia, cioè tutti gli atti d’amore, cinquanta, sessanta (eh sì, non molti ormai) che costituiscono la sua residua dote, per il resto della vita.
Questa specie di miracolo lo stravolge; tutto ciò che vede nella civiltà del nord gli appare affascinante e così, un po’ allucinante, con la testa piena di fantasticherie moderne, se ne torna nel Sud insieme alla donna (una milanese, una parigina, una svedese) di cui si è trionfalmente innamorato. E lui, nel tentativo appassionato e grottesco di il suo nuovo sentimento ed il suo nuovo personaggio si illude di poter trasformare il mondo antico ed immobile del Sud…
… un’interpretazione comica, grottesca dell’opera martogliana, contestualizzata nella realtà degli anni 70 e 80…